I doni del silenzio

La nostra anima ha bisogno di solitudine. Nella solitudine, se l’anima è attenta, Dio si lascia vedere. La folla è chiassosa: per vedere Dio è necessario il silenzio. (1)

Il silenzio non è una attitudine scontata della mente e perché diventi una presenza stabile ed amica, dobbiamo fare un lungo lavoro su noi stessi, sulle nostre abitudini mentali alla irrequietezza, alla proliferazione verbale, mentale ed emotiva, al non essere “qui ed ora”. Patanjali nello “Yoga Sutra” ci ricorda che si perviene alla pacificazione della mente ed al silenzio, solo attraverso un lavoro su di noi regolare e costante. Infatti, è solo in virtù della continuità e della perseveranza nella pratica, che diventa possibile raccoglierne i frutti.

Tra i doni più belli e significativi del silenzio, troviamo: l'osservazione di se stessi, il raccoglimento, la meditazione e la preghiera.

L’osservazione di se stessi

Non sprecate il tempo assegnatovi per soggiornare sulla terra in stupide fantasie e debolezze che vi costringono fuori della porta. Quando entrerete nel caldo e nella quiete del vostro stesso intimo? Ritiratevi in silenzio ed in solitudine e provatene gioia. (2)

L’osservazione di se stessi, delle inconsce tendenze mentali, risveglia la consapevolezza, attraverso la quale si può penetrare nella mente inconscia. L’inconscio svela se stesso non al pensiero, ma all’osservazione; allora le tendenze affiorano naturalmente, spontaneamente, nella loro nudità e l’inconscio si erge nudo di fronte a noi, svelandosi completamente. L’osservazione è un sentiero mistico, perché esaminando l’io dall’interno, diventandone consapevoli e pienamente coscienti, la luce raggiunge tutti i recessi più oscuri. L’osservazione non solo porta conoscenza, ma anche trasformazione.

Il raccoglimento

Tuo principale e continuo esercizio dev’essere il pacificare codesto trono del tuo cuore, perché riposi in esso il sovrano Re. Il modo di pacificarlo è di rifugiarti in te stesso per mezzo dell’interiore raccoglimento. Tutta la tua difesa dev'essere la orazione e il raccoglimento amoroso nella Divina Presenza. Quando ti vedrai più combattuto, ritirati in quella regione di pace, ove troverai la tua fortezza…(3)

Il raccoglimento è saper rimaner soli con se stessi. È lo sforzo costante dell’uomo per distogliere l’attività delle sue facoltà dalle cose esterne e fermare l’attenzione sull’oggetto della sua riflessione. Esso costituisce un elemento essenziale della vita interiore e la sua natura è spirituale perché ci porta verso il Sé.

Vivere nel raccoglimento è vivere nel presente.

La meditazione

La Meditazione è una tecnica specifica per riposare completamente la mente e raggiungere uno stato di consapevolezza che è totalmente diverso dal normale stato di veglia.

Nella meditazione siamo pienamente svegli e vigili, ma la mente non è focalizzata sul mondo esterno o sugli eventi intorno a noi. La mente non sta dormendo, né sognando o fantasticando; al contrario, essa è chiara, rilassata e focalizzata "all'interno". La radice della parola "Meditazione" è simile alla radice di "medico" o "medicare" e implica il "dedicarsi" o "fare attenzione" a qualcosa.

Nella meditazione portiamo l'attenzione a dimensioni di noi stessi che raramente osserviamo e conosciamo: i nostri livelli più interiori. Questi più intimi livelli sono più profondi dei processi del pensare, dell'analizzare, del sognare ad occhi aperti o del fare l'esperienza delle emozioni e dei ricordi. La meditazione comporta un tipo di "attenzione interiore" che è calma, concentrata ed allo stesso tempo rilassata.

Il procedimento normalmente è suddiviso in tre stadi.

Il primo stadio consiste nel ritirare i sensi e la mente dal contatto con gli oggetti esterni. Un simbolo molto esemplificativo è rappresentato dalla tartaruga che ritira le sue membra dentro il proprio guscio: gli arti, la coda, la testa. I quattro arti e la coda rappresentano i cinque sensi e la testa la mente. Questa capacità di ritirare in se stessi mente e sensi, evita le fluttuazioni della mente da un oggetto all’altro e favorisce la meditazione.

Il secondo stadio è fissare la mente su un punto unico, un centro sottile, un concetto o idea di Dio, un suono. I suoni che vengono usati per concentrare la mente in meditazione si chiamano mantra ed hanno effetti molto potenti al livello mentale.

Un mantra può essere una parola, una frase, una serie di suoni o semplicemente una sillaba. Concentrarsi su di un mantra aiuta a lasciar andare gli altri inutili processi mentali che distraggono e consente di andare più a fondo.

Il terzo è lo stato meditativo vero e proprio, che consiste nella fusione della mente con l’oggetto della contemplazione.

Naturalmente, tutto questo avviene a livello della mente, ma vi è un quarto stato trascendente la mente: il samadhi, il puro stato di coscienza l’assoluta identità con il Supremo.

Un antico maestro disse: «Le montagne, i fiumi, la terra intera, tutta la moltitudine dei fenomeni non sono altro che te stesso».

Se potessi assorbire l'essenza di questo messaggio, non ci sarebbero attività al di fuori della meditazione: ti vestiresti in meditazione e mangeresti in meditazione; cammineresti, ti alzeresti in piedi, ti siederesti e ti sdraieresti in meditazione; percepiresti ed avresti cognizione in meditazione; avvertiresti la gioia, la rabbia, la tristezza e la felicità in meditazione. (4)

La preghiera

Se qualcuno priva se stesso della preghiera, fa come quello che toglie il pesce dall'acqua. Poiché però per il pesce la vita è l'acqua, così per noi stessi la vita è preghiera. (5)

Nella preghiera tutte le facoltà e le energie dell’uomo vengono coinvolte, tutte entrano in azione: corpo, mente, intelligenza, cuore, spirito e, a seconda dell’elemento interessato, la preghiera può essere definita differentemente come:

• preghiera vocale;

• preghiera mentale;

• preghiera dell’intelligenza e del cuore;

• preghiera pura o contemplazione;

Orazione vocale è, per esempio, recitare il Padre nostro o l'Ave Maria o qualche altra preghiera, ma se non l'accompagnate alla preghiera mentale, è come una musica stonata, tanto che alle volte non vi usciranno con ordine neppure le parole... Quando pregate vocalmente cercate la compagnia del Maestro che ci ha insegnato la preghiera del Padre nostro; fate il possibile di stargli dappresso... Non vi chiedo di concentrarvi tutte su di lui, ma guardarlo. (6)

La preghiera definita vocale è caratterizzata dal suo aspetto “esteriore”: è preghiera delle labbra, della lingua, della recita delle letture spirituali. In questa fase della preghiera le parole vengono pronunciate ad alta voce o formulate silenziosamente dalle labbra e dalla lingua; l’attenzione è concentrata attraverso uno sforzo di volontà. Secondo gli autori orientali questa non può essere ancora definita preghiera in senso stretto, in quanto per la preghiera si rende necessario non solo “recitare” delle formule, ma anche concentrarsi sulle parole dette.

Ogni preghiera vocale deve tramutarsi in preghiera mentale, appunto per la concentrazione che viene posta sulle parole recitate; con il passare del tempo, la preghiera diventa più interiore e la mente la ripete senza nessun movimento esterno delle labbra o della lingua. Man mano, la preghiera acquisisce un ritmo suo proprio e risulta essere più “agevole” e, talvolta canta da sola senza alcun atto cosciente.

Il terzo grado è la preghiera con sentimento: il cuore è riscaldato dalla concentrazione e quanto fino a quel momento era solo un pensiero, diventa un sentimento. Questa continua attenzione alle parole della preghiera porta colui che prega a scendere sempre più in profondità, a rientrare in se stesso e nel proprio cuore. Allora la preghiera si sposta dalla mente al cuore, per meglio dire “la mente scende nel cuore”.

La preghiera è luce dell'anima, vera conoscenza di Dio, mediatrice tra Dio e l'uomo. L'anima, elevata per mezzo suo in alto fino al cielo, abbraccia il Signore con amplessi ineffabili. Come il bambino, che piangendo grida alla madre, l'anima cerca ardentemente il latte divino, brama che i propri desideri vengano esauditi e riceve doni superiori ad ogni essere visibile.
La preghiera funge da augusta messaggera dinanzi a Dio, e nel medesimo tempo rende felice l'anima perché appaga le sue aspirazioni. Parlo, però, della preghiera autentica e non delle sole parole. (7)

Al livello più elevato, la preghiera che si è “spogliata”, per così dire, dei supporti esterni diventa preghiera pura, preghiera incessante.

Alle cure del mondo non concederei uno sguardo. Vorrei solo restare nella mia solitudine, un unico desiderio mi abita, recitare incessantemente la Preghiera; e mentre prego mi sento colmare di gioia. Dio sa cosa mi sta succedendo! (8)

Essa è l’ultimo grado di preghiera che la nostra mente può raggiungere. È a questo livello che meditazione e preghiera si fondono nelle Luce dell’incontro con il Divino.

... Basterà un semplice contatto interiore. Ma durante il contatto – almeno finché avviene – non si avrà affatto né la possibilità, né il bisogno di parlare: solo più tardi si potrà ragionarci sopra. Ma in quell’istante bisogna credere di aver visto, quando l’anima coglie, improvvisamente, la Luce. Poiché questa Luce proviene da Lui, meglio è Lui stesso. (9)

Carla Gabbani
Insegnante Yoga e Formatrice

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  1. Agostino da Ippona, Commento al Vangelo di Giovanni
  2. Sathya Sai, Discorsi anni 60/62, vol.II
  3. Miguel de Molinos, Guida spirituale, I-4
  4. Muso Kokushi (Maestro Zen, 1275-1351)
  5. Giovanni Crisostomo, dalle omelie sulla preghiera
  6. Teresa d’Avila, Cammino di perfezione, XXV 3; XXVI, 1-3
  7. Giovanni Crisostomo, Om. 6 sulla preghiera
  8. Anonimo, Racconti di un pellegrino russo
  9. Plotino, Enneadi V. 3, 17
Carla Gabbani

Educatrice

Sito web: www.saivivere.it