Nascere e rinascere

La nascita non è mai sicura come la morte. E questa è la ragione per cui nascere non basta. È per rinascere che siamo nati. Ogni giorno. (1)

Il nascere, il venire al mondo è un evento che può essere interpretato a due livelli di comprensione: l'uno prettamente empirico e spazio-temporale, come un preciso riferimento all’evento fisiologico dell’uscita dal grembo materno e come inizio della partecipazione individuale all'esistenza; l'altro simbolico, iniziatico, esoterico ed è qui che la nascita diventa rinascita. Rinascere, attraverso il prefisso “ri”, esprime un accadere di nuovo, un consolidamento in cui si sceglie, si vuole, si accoglie una trasformazione e questo processo implica una selezione continua, implica una responsabilità nei confronti di noi stessi. La rinascita è una crescita attraverso la quale ci rinnoviamo ad ogni istante, lasciando andare i nostri bagagli pesanti, i nostri schemi e le nostre identificazioni che ci precludono la Vera Identità. È un impegno costante all’incontro con noi stessi, che ci porterà a nascere, finalmente, nella dimensione spirituale.

Or c'era fra i farisei un uomo di nome Nicodemo, un capo dei Giudei. Questi venne a Gesù di notte e gli disse: «Maestro, noi sappiamo che tu sei un dottore venuto da Dio, perché nessuno può fare i segni che tu fai, se Dio non è con lui». Gesù gli rispose e disse: «In verità, in verità ti dico che se uno non è nato di nuovo, non può vedere il regno di Dio». Nicodemo gli disse: «Come può un uomo nascere quando è vecchio? Può egli entrare una seconda volta nel grembo di sua madre e nascere?». Gesù rispose: «In verità, in verità ti dico che se uno non è nato d'acqua e di Spirito, non può entrare nel regno di Dio. Ciò che è nato dalla carne è carne; ma ciò che è nato dallo Spirito è spirito. Non meravigliarti se ti ho detto: "Dovete nascere di nuovo". Il vento soffia dove vuole e tu ne odi il suono, ma non sai da dove viene né dove va; così è per chiunque è nato dallo Spirito. (2)

Una parte integrante del processo della rinascita è il lasciare andare tutto quello che non ci appartiene, ovvero un continuo e progressivo allontanamento da ciò che non siamo veramente.

Una zucca fresca affonda nell’acqua, ma se è secca galleggia. Diventate secchi, liberatevi dagli attaccamenti, dai desideri, dalle ansie e dalle preoccupazioni: potrete galleggiare indisturbati sulle acque del cambiamento e della possibilità. (3)

Ad ogni istante tutto cambia, per questo dobbiamo sviluppare sempre più la predisposizione mentale ad accettare le cose nel loro divenire, andando oltre la comprensione intellettuale, in modo che l’attitudine all’accettazione penetri profondamente in ogni parte del nostro corpo e della nostra mente e diventi la costante della nostra vita.

L’altra componente della rinascita è il distacco.

Generalmente le persone sono portate a credere che il distacco consista nell’allontanarsi da tutto e vivere in una grotta o in una foresta, questa però è solo una visione superficiale, perché il vero distacco consiste nell’essere maestro dei sensi, nel non lasciarsi coinvolgere dai piaceri e dai dolori, nell’agire nel mondo in modo disinteressato, senza vanto e senza aspettarsi qualcosa in cambio. In questo modo saremo liberi da tutte le limitazioni della vita. Il distacco è la suprema virtù attraverso la quale è possibile ritrovare l’Unità assoluta col Divino, oltre il bene e il male, il piacere e il dolore. Nel distacco risiede la vera gioia.

Vairagya (distacco) non vuol dire che dovreste abbandonare tutto e ritirarvi nella foresta; in realtà esso significa che dovete stare dove siete, in qualunque contesto vitale vi troviate e comprendiate la natura sottile delle cose abbandonando, nel contempo, i desideri relativi al mondo. Esso indica che, usando la discriminazione, dovreste scoprire cosa accettare e cosa respingere. Dovete sforzarvi di riconoscere la Divinità in ogni oggetto che vedete e goderne. Vairagya non significa abbandonare le cose, consiste nel godere, senza attaccamento, delle cose di cui prima godevate con attaccamento; questo è il Vairagya effettivo, questo è il segno distintivo dell’essere umano. (4)

Il fiore di loto è il simbolo del distacco perché nasce dal fango, apre i suoi petali sull’acqua, eppure non ne viene toccato. Esso ci ricorda che dobbiamo vivere nel mondo senza farci coinvolgere, dobbiamo restare nel mondo, ma il mondo non deve restare in noi, dobbiamo attraversare il mondo, senza che in noi ne rimangano tracce, orme o graffi.

Quando tutto questo accade e una nuova consapevolezza comincia a divenire vivida e quasi ininterrotta, sopravviene ciò che le Upanishad definiscono "una svolta nella sede della coscienza": una rivelazione personale e assolutamente non concettuale di ciò che siamo, del perché siamo qui e di come dobbiamo agire. È una nuova vita, una rinascita.

…In verità, perché questa nascita avvenga, è necessario un ritorno in se stessi…dobbiamo rinunciare a ogni nostro volere, desiderare e agire; non deve restare in noi che una nuda e pura ricerca di Dio e assolutamente nulla del nostro essere, divenire, desiderare…

Se una cosa deve riceverne un’altra, deve essere vuota, libera e sgombra. (5)

Carla Gabbani
Insegnante Yoga e Formatrice

  1. Pablo Neruda
  2. Vangelo di Giovanni 3,1-8
  3. Sathya Sai - D. D. del 17 Ottobre 1966
  4. Sathya Sai - Pensieri 12/9/2009
  5. Giovanni Taulero - I Sermoni, Le tre nascite

 

Carla Gabbani

Educatrice

Sito web: www.saivivere.it