Cittadini di due mondi

L'esteriorità non ha significato se non in quanto serve all'interiorità. (1)

Le persone tendono a cercare la propria felicità all’esterno, negli oggetti mondani, i saggi dall’altro lato, insegnano che essa non deve essere inseguita negli oggetti del mondo, perché ogni cosa, incluse le relazioni, è fugace e ciò che è transitorio non può dare gioia o pace.

Ci raccomandano di guardare all’interno di noi per trovare quello che è eterno e dicono: “L’uomo guarda all’esterno per trovare ciò che è dentro e non vede quello che già si trova in lui.

Raro è colui che, desiderando l’immortalità, chiude i suoi occhi e guarda il Sé. I folli seguono i desideri della carne e cadono nelle spire della morte, ma il saggio, conoscendo il Sé eterno, non si cura delle cose e passa oltre.”

Similmente Gesù parlò ai suoi discepoli nel discorso della montagna: “Non accumulate tesori sulla terra, dove le tarme e la polvere possono corromperli, ma in cielo, dove non possono essere rovinati dalle tarme e dalla polvere, né i ladri li possono rubare. Poiché, dove si trova il tuo tesoro, là si trova il tuo cuore”. (2)

Negli ultimi due secoli, l'orientamento all’esterno della mente, che ha condotto allo sviluppo delle tecnologie altamente avanzate e ai successi scientifici, se da un lato ha reso la vita più agevole, dall’altro non è riuscito a rendere felici le persone, né ha contribuito a svelare il senso dell’esistenza. Infatti, questo modo di operare non è sufficiente per spiegare il mistero del Sé, perché non prende in considerazione il mondo interiore, in cui risiede la Pura Consapevolezza. Il dilemma è chiaramente visibile: una cultura rivolta all’esterno può fare grandi opere, ma la gente è veramente più vicina alla pace, alla felicità e alla beatitudine?

Certamente no, perché quanto più tendiamo a spostare la nostra attenzione su un piano esterno, tanto più perdiamo il contatto con noi stessi e con il nostro progetto esistenziale. Per questo dobbiamo essere sempre pronti ad imparare e ad osservare, ogni volta, la realtà in noi stessi e nel mondo, perché i tesori che si possono trovare all’esterno, non si possono confrontare con quelli che abbiamo dentro di noi.

Il tuo cielo interiore non è meno ricco del cielo esteriore: ha le sue stelle, la sua luna, i suoi pianeti e la sua immensità; possiede un universo vasto esattamente quanto quello che puoi vedere all’esterno. Ti trovi tra due universi: uno esteriore e uno interiore. L’universo esteriore è formato da oggetti; l’universo interiore è formato da consapevolezza, beatitudine, gioia. (3)

Uno dei cambiamenti più profondi nella coscienza che possiamo compiere è proprio quello di comprendere che dentro di noi c’è un intero universo e che questo mondo interiore è la causa di quello esteriore.

Lo Yoga Vasishtha recita «La tua visione crea la realtà». Il mondo ci appare attraverso dei filtri, dei solchi che si sono formati nella mente, attraverso tutte le esperienze vissute e sedimentate. Queste danno un senso alla realtà e continuano a creare circostanze esterne che rispecchiano come siamo, con le nostre aspettative e credenze. Una realtà in cui non siamo protagonisti, ma prigionieri. Solo la consapevolezza che la vita che manifestiamo all’esterno, riflette quella interna, ci renderà liberi.

Cambia il tuo mondo cambiando te stesso

Nella Chandogya Upanishad uno studente, Narada, va dal suo maestro, Sanatkumara, per essere istruito. Prima di istruirlo, però, Sanatkumara chiede a Narada di elencare tutti i campi del sapere con cui ha acquisito familiarità. Dopo aver fornito un elenco esauriente delle sue conoscenze, Narada ammette di non conoscere il Sé e di essere colmo di tristezza, allora chiede al suo maestro una sapienza che lo liberi dalla tristezza. Nella Brhadaranyaka Upanishad Maitreyi, moglie del maestro Yajnavalkya, chiede: “Se mi trovassi a possedere il mondo intero con tutte le sue ricchezze, questo mi renderebbe immortale?”. Yajnavalkya le risponde che ciò le permetterebbe di godersi la vita nel lusso, ma non potrà conquistare l’immortalità attraverso la ricchezza. Nei due racconti Narada e Maitreyi non si oppongono alla vita mondana, l’hanno sperimentata, ma hanno anche verificato che essa non risolve il problema della esistenza. Infatti nella tradizione induista gli scopi della vita sono quattro: i primi due, la ricchezza e il piacere devono essere perseguiti nel contesto del terzo scopo, che è il dharma, ovvero tutto ciò che sostiene l’armonia, il dovere, la legge sia nella sfera pubblica che in quella privata. Questo richiede che ogni essere umano sia attento e sensibile al benessere degli altri allo stesso modo in cui cerca di soddisfare le proprie legittime esigenze. Arriva un momento, però, così come è avvenuto nella vita di Narada e di Maitreyi, in cui si scopre che la sapienza, l’abbondanza della ricchezza e del piacere e la realizzazione degli obblighi sociali non eliminano il proprio senso di vuoto e di tristezza. Allora ci si comincia a chiedere se c’è altro nella vita oltre ai benefici transitori. Questa scoperta dei limiti della realtà finita, insieme alla ricerca di qualcosa di più, rappresenta davvero il risveglio del bisogno di moksha (la liberazione), il quarto e il più alto scopo dell’esistenza umana.

Non fatevi mai distrarre dal dubbio o dallo scoraggiamento; costruite la residenza della vita sulle colonne solide della rettitudine, della prosperità, del desiderio e della liberazione (dharma, artha, kama, moksha) legate strettamente e saldamente una all’altra; esse sono i Purushartha o mete dello sforzo umano, definite dai Saggi antichi. Non lasciate mai che le colonne si inclinino o cadano come stanno facendo molti individui, molte comunità e nazioni. (4)

Lo scopo della vita è conoscere la distinzione fra ciò che è all’esterno ed è mutevole e ciò che è all’interno ed è eterno, e scoprire attraverso la pratica e l’esperienza, l’infinito valore dell’uno e dell’altro mondo per la gioia e la pace sia interiore che esteriore.

Il sole, la luna, le stelle,
e tutte le luci che si possono immaginare nell'intero mondo esterno
non sono che frammenti
di quell'unica grande Luce che è dentro di voi.
È la luce della conoscenza, la luce della discriminazione,
la luce della comprensione, la luce della vita,
la luce della condivisione e dell'amore,
la luce dell'Essere che siete.
"Tu sei quello". (5)

 

Carla Gabbani

Insegnante di yoga e formatrice

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note

  1. Mohandas Gandhi, Antiche come le montagne
  2. Swami Rama- il viaggio sacro
  3. Osho - Alle radici della paura
  4. Sathya Sai - Discorso Divino del 23 Marzo 1966
  5. Swami Rama -Sentiero del Fuoco e della Luce vol. II
Carla Gabbani

Educatrice

Sito web: www.saivivere.it