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Alberi Sacri in India - prima parte

Alberi Sacri in India - prima parte

Negli articoli finora qui pubblicati abbiamo preso confidenza con gli alberi sacri dell’Europa, del Mediterraneo e del vicino Oriente. Abbiamo visto come, presso tutte le antiche civiltà, siano esistite associazioni tra il mondo vegetale e la vita sociale e spirituale delle varie popolazioni. Alberi e boschi ebbero rilevanza centrale nella religiosità dei Greci, dei popoli Germanici e di Roma antica, raggiungendo il culmine della venerazione e della sacralità con i Celti, per i quali gli alberi erano gli strumenti della conoscenza iniziatica, i boschi erano luoghi di culto e di insegnamento spirituale, residenza dei druidi, e fonte di ingredienti per le loro pozioni magiche e medicinali. 

Con il progredire della civiltà e l’oblio in cui caddero i significati spirituali della Natura (che erano, e sono tutt’oggi, l’unico ostacolo morale allo sfruttamento senza limiti della stessa), con l’affermarsi di nuove religioni dogmatiche, che non approvavano o osteggiavano apertamente il culto degli alberi, cominciò il declino del patrimonio boschivo nel mondo occidentale cristiano, e l’albero diventò un mero oggetto di commercio, i boschi e le foreste di sfruttamento.

Il cristianesimo, già nel 292, con un decreto dell'imperatore Teodosio, proibì e sanzionò severamente la “dendolatria1”, considerata come una pratica superstiziosa da estirpare. Nel Concilio di Nantes, nel 890, gli organi ecclesiastici si riunirono per discutere come eliminare le ultime tracce di paganesimo, dopo aver distrutto o convertito gli antichi edifici sacri e luoghi di culto, emanando l’ordine: “Si diano alle fiamme, in tutto l’impero, i boschi che i pagani considerano sacri, si vada a caccia di alberi millenari, che siano arsi vivi. Gli alberi sono consacrati dai pagani ai demoni (Arbores daemonibus consecratae)”.

È rarissimo ai giorni nostri trovare in Europa alberi millenari, e già un albero di 200 anni viene considerato “monumentale”, ignorando che molte specie arboree sono potenzialmente inesauribili e possono tranquillamente svilupparsi per decine di secoli.

Tutt’altra fortuna hanno avuto gli alberi e i boschi nel vasto subcontinente indiano. Qui il culto degli alberi si perde nella notte dei tempi, in epoca protostorica, ed è canonizzato nei Veda, nei cui cerimoniali è dato grande risalto all’accensione del fuoco sacro, per il quale esistono procedure molto dettagliate riguardo al trattamento e alla tipologia del legname da utilizzare. Negli elaborati e complessi rituali dei Veda foglie, fiori, legno e pasta di legno appartenenti a piante sacre svolgono un ruolo essenziale in ogni cerimonia.

L’antica tradizione indiana considera gli alberi come esseri viventi e ancora oggi in India, soprattutto negli ambiti rurali, è consuetudine rivolgersi agli alberi con rispetto, offerte e preghiere.

La credenza che le piante, così come gli animali, abbiano un’anima, è molto radicata nella tradizione indiana: quest'anima si manifesta sotto forma di vanadevata (vana, bosco, devata, divinità) che "abita" la pianta stessa. Nell'India antica tagliare un albero significava privare lo Spirito della sua casa, e si recitavano preghiere di perdono, oppure si offriva un'altra dimora allo spirito dell’albero.

All’ingresso dei villaggi indiani, ma anche ai crocevia delle città, ho incontrato spesso un albero maestoso e vetusto, circondato da un terrapieno, in genere circolare, delimitato da un muretto a secco, od anche in cemento, talora con una recinzione, quasi sempre pavimentato: questo rialzo dovrebbe isolare la pianta dall’ambiente circostante, delimitando il suo lo spazio sacro. Ai rami si trovano legati gli oggetti più disparati: campane con cui chiamare le divinità, bandiere, festoni variopinti, coloratissimi, oppure con scritte in onore di qualche dio, ghirlande di fiori, matasse di fili di cotone multicolori. Il tronco, in particolari periodi, viene cosparso di polveri e decorato con disegni color ocra o arancione o rosso, raffiguranti simboli sacri. Spesso il tronco è dipinto di bianco, e il mio sospetto è che, considerato dove ormai questi poveri residui di vecchie tradizioni si trovano a dover campare, di fatto il bianco non sia apposto per qualche incomprensibile rito, ma abbia un effetto catarifrangente di notte, per impedire che nel caos veicolare ormai presente ovunque in India, qualche camion investa la pianta, causando danni irreversibili.

Alla base dell’albero sono presenti figure o di simboli di divinità, immagini sacre, piccole statue, bassorilievi, semplici file di sassi colorati, o piccoli lingam2 e tridenti (trishul, simbolo di Shiva).

Comunemente questi sassi riportano figure di serpenti e di animali sacri, e immancabilmente è presente la statua di un sorridente Ganesha3, che protegge il luogo, i passanti e le offerte devozionali...non si sa mai.

L’intima connessione tra albero e le divinità installate intorno a lui, fa sì che questi luoghi, diventino dei mandir popolari, piccoli templi all’aperto a tutti gli effetti: vi si accede levandosi le scarpe e suonando la campana rituale, si offrono incensi, cibo, acqua, fiori e foglie, si intonano bhajan (canti sacri), si recitano mantra e preghiere, ci si siede in meditazione. Ai riti religiosi, si aggiungono poi pratiche devozionali in particolari festività, soprattutto nelle campagne e nei contesti ancora tribali: all’albero si fanno offerte per la fertilità delle donne, per la prosperità dei raccolti, per la fortuna e la salute di consorti e parenti, perfino per eliminare malocchio ed influssi negativi. L’albero è parte integrante e irrinunciabile della vita della comunità, quasi un vecchio parente da tenere caro.

È in vigore il divieto assoluto di tagliare queste piante, oggetto di pratiche sacre. Questa norma è antica di millenni, quando in India vi erano re e imperatori che emanarono leggi che prevedevano pene assai severe per il taglio di individui appartenenti ad alcune specie sacre. Tuttavia questi alberi non sono intoccabili, ma da loro vengono raccolti foglie e frutti, utilizzati per le offerte. Si pone la massima cura a tenere questi patriarchi vegetali puliti dai rami secchi, provvedendo anche a puntellare le porzioni di tronco o di rami che si sbilanciano con la crescita. Quando muoiono, per quanto possibile il loro tronco viene lasciato a terra a tempo indefinito, anche se nelle città questa pratica è scomparsa per lasciare posto a vie e marciapiedi.

Olimpia Giovine
Agronomo e Formatrice

1 dal greco déndron ‘albero’ e latria, latréia ‘culto’, indica la religiosità legata alla credenza che le divinità avessero dimora in specifici alberi.
2 Lingam e trishul (tridente) sono simboli del culto di Shiva.
3 Ganesha o Ghanapathi, figlio di Shiva e dio della saggezza, è raffigurato con la testa di elefante, ed è considerato dispensatore di successo, colui che supera gli ostacoli. Popolarmente viene invocato per proteggere i viaggi e come portafortuna all’inizio di qualsiasi impresa.

Redazione

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