Pipino: Un Riccio Speciale

“Non trovo il fiato e le parole per darvi questa notizia così triste… Pipino è volato via così, all’improvviso…” Queste sono le parole di Massimo, un noto veterinario della provincia di Cuneo, che si dedica da diversi anni alla cura e al recupero dei ricci. Inizialmente la sua professione era rivolta alla cura dei grandi animali da reddito, mucche in particolare, fino a quando non gli capitò sotto mano una piccola riccetta di soli 25 g che aveva bisogno di aiuto. Quell’incontro stravolse la sua vita in quanto scoprì quanto amore sapevano dare i ricci nella loro semplicità e capì che questi piccoli animali spesso poco considerati o addirittura lasciati morire sulle strade investiti dalle auto, riescono ad entrare in una profonda empatia con l’essere umano. Dopo l’incontro con Ninna, così venne battezzata la riccetta, il dottore fondò un centro di recupero per ricci selvatici nel cuneese, tutt’oggi funzionante a tempo pieno.

A chi chiese al veterinario di spiegare il perché decise di stravolgere la sua vita, egli rispose: “Dal momento in cui entrai per la prima volta in contatto con i ricci mi accorsi che senza saperlo, mi stavo aprendo all’amore con la A maiuscola. Ripulito dal materialismo che avevo abbracciato per anni, emergeva limpido dentro di me il mio lato più sensibile, quello sognatore e romantico. Lì, di fronte alla disabilità fisica, riconoscevo quella della mia anima. Che grazie al dolore dei ricci, aveva imboccato la via della guarigione...“ Massimo afferma come in passato fosse stato molto freddo, quasi una macchina da guerra che lavorava per gli allevatori. A lui era sempre spiaciuto vedere gli animali soffrire, ma non se ne rendeva pienamente conto, furono i ricci a cambiare la sua vita insegnandogli la “Compassione”.

Generalmente l’uomo entra in facile empatia con il proprio cane o gatto ma è molto difficile che ciò avvenga con gli animali selvatici o con mucche, galline, maiali e in genere animali da carne. Ciò avviene perché c’è un distacco emotivo dovuto al non vivere con loro, al non conoscerli e soprattutto a non venire in contatto con la morte. Persino gli allevatori non vivono l’ultima fase della vita di un animale. Gli animali muoiono nei mattatoi lontani dalla vista. La gente non vive quella fase terribile della morte, non vede la loro sofferenza perché i macelli sono chiusi al pubblico. La carne, sul mercato, è impacchettata, non si vede l’animale e la sua sofferenza. Anche in pubblicità non viene mai mostrata la sofferenza degli animali che al contrario vengono mostrati felici mentre pascolano nei campi. Non viene mostrata la vita che scorre negli animali, e che loro vogliono vivere fino in fondo, come noi, togliere la vita è in realtà tra le peggiori crudeltà.

Tra i molteplici incontri tra Massimo e i ricci ve n’è uno speciale, quello con Pipino. Pipino fu portato al suo centro di recupero per ricci, insieme alla madre e ad altri tre fratellini, ciò che lo distingueva dagli altri era una paresi che gli impediva di urinare normalmente, ovvero senza un aiuto esterno non riusciva a far pipì. Provate a pensare alla situazione estrema di fronte a cui si trovò Massimo: bisognava fare una scelta, o dedicarsi ogni tre o quattro ore a far urinare il riccio per tutta la sua vita (i ricci vivono in media 5 o 6 anni) oppure sopprimerlo. Chiunque avrebbe scelto la seconda opzione, ma il dottore non se la sentiva proprio di porre fine alla vita di un animaletto così dolce e sensibile, pertanto decise di adottarlo personalmente e aiutarlo nelle sue funzioni fisiologiche.

Iniziò così un lungo sodalizio con Pipino dal quale il dott. Massimo non si allontanava mai per più di mezza giornata, addirittura lo portava con sé all’estero in viaggio quando doveva assentarsi dalla clinica, rinunciò ad alcune vacanze pur di salvare la vita del riccio, una volta lo portò con sé persino al mare. Ormai Massimo e Pipino erano diventati inseparabili, tant’è che il piccolo animale era solito dormire accanto a lui sotto il comodino in camera. I due si erano tanto affezionati che Pipino cercava sempre l’amico e mostrava visibili segni di gratitudine e amore nei confronti del suo salvatore. Il dottore racconta che ogni volta che gli faceva far pipì lo abbracciava e Pipino lo guardava con gli occhietti vispi e un po’ straniti ma pieni di gratitudine e affetto. Ormai era diventato la mascotte di tanti bambini che con le scuole passavano dal centro di recupero per visitare i ricci.

La disabilità di Pipino ricorda un po’ quella di tanti bambini e adulti che spesso vengono messi in disparte o non considerati solo per la loro condizione di disagio fisico, e invece racchiudono un immenso mondo all’interno, un mondo fatto di dolcezza, sensibilità e amore che aspetta solo di essere condivisa con chi ha occhi e cuore per vedere all’interno dell’animo e non si limita a guardare solo in superficie. Questa storia ci fa comprendere come l’amore e la compassione non abbiano confini di specie e ci ricorda come il sacrificio di sé per l’altro, per il bisognoso, chiunque esso sia, animale o uomo, ci ripaga con tanta gioia e rende piene di significato e soddisfazione le nostre vite. A volte ci si può trovare di fronte a scelte difficili, a dover cambiare le nostre abitudini, ad abbandonare i nostri pregiudizi, a stravolgere persino il nostro lavoro consolidato da anni, eppure se la scelta è fatta ascoltando il Cuore, non potrà che essere quella giusta. Ciao Pipino, anche se non ti abbiamo conosciuto personalmente ringraziamo te e il dottor Massimo per il grande esempio d’Amore che ci avete donato.

Linda Colla
Insegnante di Matematica e Fisica ed Educatrice ai Valori Umani

Redazione

Progetto Sai Vivere

Sito web: www.saivivere.it