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Che cos'è l'Unità delle Religioni

Che cos'è l'Unità delle Religioni


Ekam Sat Viprah, Bahuda Vadanti

(La Verità è Una, i saggi la chiamano con molti nomi. Rig Veda)


Diversamente dalle apparentemente analoghe definizioni di "ecumenismo" o di "dialogo interreligioso" (utilizzate in ambito cattolico dopo il Concilio Vaticano II per designare il reciproco incontro, dialogo e riconoscimento fra le diverse fedi religiose della Terra), il termine "Unità delle Religioni" implica l'idea di una sostanziale unità dei cammini mistici e spirituali del pianeta, così come sono stati proposti nel corso dei secoli dalle rispettive confessioni di riferimento, superando così il livello iniziale di un confronto "di superficie" fra di essi per rivolgersi invece prevalentemente - se non esclusivamente - alla sfera spirituale "del profondo".


La distinzione fra un livello profondo e uno superficiale dell'esperienza religiosa è del resto centrale ai fini del di nostro questo discorso: non si tratta infatti, in questo caso, di considerare le diverse tradizioni religiose in quanto tali, comparandone i vari aspetti o caratteristiche in senso confessionale, istituzionale o meramente storico-culturale, quanto piuttosto di approfondirne l'aspetto più propriamente mistico ed esperienziale comune, che ci possa guidare e condurre all'incontro con quella dimensione spirituale più alta da cui ciascuna di esse proviene e che ciascuna di esse, a suo modo, incarna ed esprime.


Ed è qui che entra in gioco la complementarietà e distinzione fra una concezione trascendente e una immanente dell'esperienza religiosa, generalmente poste come fra loro antitetiche ma da noi considerate invece come intrinsecamente convergenti, riprendendo così l'insegnamento "advaitico" (dal termine sanscrito advaita, lett. "non-dualismo") proprio di quell'antica tradizione spirituale e sapienziale, profondamente trascendente e immanente al tempo stesso, rappresentata dalla cultura vedica e upanishadica dell'India.


Un'idea esclusivamente trascendente della realtà spirituale tenderebbe infatti a dimenticare il ruolo e l'importanza del fattore umano nella manifestazione e nell'espressione della Coscienza Divina, mentre una concezione esclusivamente immanente dell'esperienza religiosa finirebbe in sostanza col dimenticarsi di Dio, giungendo a una sorta di materialismo ateo e a una implicita negazione della Sua esistenza: noi questo errore non lo faremo, e condurremo la nostra indagine lungo il crinale che unisce e separa, allo stesso tempo, questi due mondi e queste due concezioni.


Anche in Occidente, del resto, un importante studioso perennialista come Frithjof Schuon aveva parlato, a suo tempo, di "unità trascendente delle religioni", ponendo in essa l'origine primordiale comune alle diverse fedi della Terra, cui far discendere successivamente a cascata tutte le singole confessioni particolari, con le loro diversità storiche e geografiche specifiche; altri studiosi, invece, come Jung, Aurobindo o Teilhardt de Chardin, hanno parlato di un aspetto "immanente" dell'esperienza religiosa, di natura psicologica, spirituale o metafisica che sia, proveniente dal lavoro interiore dell'uomo che continuamente "produce coscienza", traendola fuori da sé.


In entrambi i casi, malgrado le apparenze, ritroviamo dunque una reciproca complementarietà fra trascendenza e immanenza nel definire il carattere e il fine della ricerca spirituale dell'uomo: nessun contrasto, quindi, fra queste due concezioni del mondo, se non nelle unilaterali posizioni dei "teisti" o "ateisti" a oltranza, il cui obiettivo è negare preventivamente a priori ogni punto di vista diverso dal proprio.

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"Unità delle Religioni", dunque, o per meglio dire "Unità dei Cammini Mistici e Spirituali del Profondo", intesi tutti come vie di realizzazione interiore espresse dall'uomo attraverso la storia: gli aspetti dogmatici o teologici delle singole confessioni, in realtà indispensabili all'interno delle rispettive "cosmovisioni" di riferimento, invece ci interessano meno, non per difetto d'importanza, ma per l'attenzione specifica da noi riservata alla mistica e all'esperienza diretta.


Ed ecco allora che andiamo a cercare le immagini, i gesti e i suoni di queste antiche tradizioni del passato, e con essi i racconti, le leggende e i detti dei grandi maestri e dei santi di un tempo, che hanno fatto la storia del mondo attraverso le gesta dei suoi figli migliori: è questo infatti il nostro modo specifico con cui ci avviciniamo ad essi, è questa la maniera in cui ci rapportiamo a loro: guardare, ascoltare e imparare attraverso i fatti e le imprese di questi antichi maestri, immergendoci nell'arte e nella ritualità religiosa di queste tradizioni spirituali passate, che oramai sono quasi completamente dimenticate e scomparse dalla nostra memoria.


Come diceva del resto l'intellettuale francese Jean Jeaurés, nel secondo Ottocento, "la tradizione non consiste nel conservare le ceneri, ma nel tenere viva la fiamma": e noi come lui siamo ben consapevoli che la conoscenza e lo studio delle culture religiose dell'umanità debba servire di stimolo per una ricerca futura, ben fondata e fondante, e non come sterile forma di tradizionalismo nostalgico, che non ha più niente da dire e da dare in questo tempo moderno così controverso.


Ma siamo anche coscienti, al contempo, che senza un contatto interiore ed esteriore con le nostre radici e con la nostra identità più profonda ogni tentativo d'innovazione futura della società e degli individui sia destinato a fallire, come sono fallite le grandi utopie del passato e come sta fallendo, in modo ormai plateale, anche l'ideologia del benessere contemporaneo, quell'utopia del progresso infinito che si sta sciogliendo sotto i nostri occhi come neve al sole.


Per questo ci dedichiamo alla mistica, per questo ricerchiamo e studiamo una possibile via all'Unità delle Fedi che sia trascendente e immanente al tempo stesso, e che ci ricordi da dove veniamo e dove andiamo, nella speranza di riuscire presto a gettare le basi di una nuova civiltà che sopravviva al “diluvio”: noi intanto portiamo tutto nell'arca, e poi un giorno vedremo cosa siamo riusciti a salvare, a testimoniare e a trasmettere alle generazioni future.


Consegneremo loro il passato, e ricominceremo insieme da lì.


Nove erigere, vetera servare, utrisque inter se convenientibus.(Costruire il nuovo, conservare l'antico, sapendoli armonizzare entrambi fra loro).


Prof. di Filosofia e Musicologo
Pierluigi Gallo

Redazione

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Sai Vivere è un progetto SSIO-Italy.