Divagando con la Storia - Un Maestro dello Spirito

Esistono momenti nodali nella vita di ciascuno, come nella storia collettiva. Per i primi, ciascuna persona, nell’ambito delle sue possibilità, del suo contesto familiare e professionale ha una certa libera scelta: per gli studi, il lavoro, il matrimonio o la dedizione agli altri.

Per i secondi, in tempi più difficili, contrassegnati da situazioni di scarsa disponibilità di risorse economiche o di buona formazione personale o di rigido sistema sociale, l’esistenza può essere stravolta da grande sofferenza.

Ciascuno può avere esempi di comportamenti elevati da persone frequentate, che hanno lasciato una traccia importante o sollecitazioni a promuovere azioni positive per sé e per la comunità. Alcune volte, potrebbe essere una biografia o uno scritto, che tocca la nostra sensibilità, ad avviare su un percorso esistenziale significativo ed esemplare.

In momenti storici considerati bui, molte luci risplendono: sono i maestri dello Spirito, nei quali si trova fiducia, coraggio e speranza, quando intorno tutto è incerto e confuso.

Uno di questi maestri è stato Dietrich Bonhoeffer: ministro del culto evangelico, docente in seminario e teologo, vissuto in Germania tra il 1906 e il 1945. Egli ha sperimentato, insieme ad altri giovani e meno giovani, l’incompatibilità tra il sistema al potere in auge e i principi morali e religiosi del cristianesimo.

Fede, fratellanza, solidarietà e diritti umani calpestati con la violenza. Paura e sottomissione, silenzio e sofferenza hanno attraversato l’esistenza di milioni di persone inermi e innocenti, ma diversi e perseguitati.

Nel prologo alle Lettere dal carcere, scritte tra il 1943 e il 1945, Dietrich Bonhoeffer fa i conti con la dura realtà e con se stesso per comprendere i motivi del modo diverso di comportarsi di alcuni tedeschi da quello diffuso. Infatti, scrive:

È più facile soffrire ubbidendo ad un ordine dato da un uomo, che nella libertà dell’azione responsabile personale. È infinitamente più facile soffrire comunitariamente che in solitudine. È infinitamente più facile soffrire pubblicamente e ricevendone onore, che appartati e nella vergogna. È infinitamente più facile soffrire nel corpo che nello spirito. Cristo ha sofferto nella libertà della solitudine, appartato e nella vergogna, nel corpo e nello spirito, e da allora molti cristiani con lui.

Palese è la meditata sofferenza che l’autore prova sul destino del suo Paese, dell’Europa e di tutti i Paesi coinvolti, sia nel consenso che nel dissenso: è la primavera del 1943, quando Bonhoeffer sarà accusato e tradotto in carcere, per la resistenza al regime.

Dalle lettere emerge una personalità moralmente alta, di convinto credente, fedele all’esempio del Cristo, legato alla sua famiglia, coerente con gli stessi valori trasmessi ai figli, ma anche agli amici e agli studenti del seminario.

Il tempo della prigionia viene trascorso con il lavoro nel cortile, con letture di vario genere: la Bibbia e molti testi pedagogici e filosofici. Soprattutto le lettere sono consolatorie e le visite familiari che recano pacchi per le necessità personali; il cibo è scarso, l’illuminazione manca spesso, i prigionieri non hanno rifugi sicuri nei bombardamenti.

Ciò nonostante, Dietrich con la preghiera, con la sua fiducia in una vicina libertà ha speranza nel futuro.

Riporto l’inizio di una lettera inviata da Dietrich ai genitori il 13 ottobre 1943.

Cari genitori,

ho davanti a me il variopinto mazzo di dalie che mi avete portato ieri; mi ricorda i bei momenti che ho potuto passare con voi; mi ricorda anche il giardino e più in generale quanto possa essere bello il mondo in queste giornate d’autunno. C’è un verso di Storm che ho scoperto in questi giorni, e che si accorda più o meno a questo stato d’animo. Mi risuona di continuo nella mente come una melodia:

Sia pure folle il corso delle cose, fuori

Sia cristiano o non cristiano,

il mondo però, il mondo bello

non può essere assolutamente rovinato.

Dietrich esprime il suo sentimento così: “Per capirlo bastano un paio di variopinti fiori autunnali, uno sguardo dalla finestra della cella, e una mezz’ora di “moto” nel cortile del carcere, dove ci sono un paio di bei castagni e di tigli.”

La sentenza di morte fu eseguita il nove aprile 1945 a Flossenburg.

La preghiera lo accompagnò costantemente fino al suo estremo respiro.

Chi lo aveva condannato finì la sua vita pochi giorni dopo.

Ester Campoli
Prof.ssa Filosofia ed Educatrice ai Valori Umani

Ester Campoli

Insegnante

Sito web: www.saivivere.it