I sensi di colpa in famiglia - Prima Parte

Come agire per non farsi condizionare e non condizionare

Intanto chiariamo bene cosa si intende per “senso di colpa”. Si tratta di un’emozione causata da comportamenti, parole, atteggiamenti che riteniamo sbagliati (o che altre persone, per noi importanti, ritengono sbagliati) e che causano in noi un senso di tristezza e di vergogna, abbassando il livello della nostra autostima.

Il senso di colpa si sviluppa più tardi delle altre emozioni; questo nasce nei primi anni di vita quando, entrando in contatto con gli adulti che ci crescono, cerchiamo di capire ciò che è giusto o sbagliato, in base alla reazione che hanno di fronte ai comportamenti che mettiamo in atto e a come giudicano le nostre azioni (Genitori, zii, Nonni, Caregiver ecc.). Quindi il senso di colpa che proviamo da adulti è fortemente influenzato dall’educazione che abbiamo ricevuto e nel rapporto con i figli spesso tendiamo a riproporlo, ma conoscerlo è il primo passo per il cambiarlo.1

Ricerche effettuate attraverso la risonanza magnetica (MRI) sul funzionamento del cervello hanno evidenziato che la colpa è un'emozione distinta dalla vergogna o dalla tristezza. Le stesse ricerche, però, hanno dimostrato che tristezza e vergogna compaiono contemporaneamente al senso di colpa. Naturalmente queste due emozioni non sono funzionali né auspicabili. A parte l’aspetto scientifico, è importante, quindi, che noi genitori comprendiamo bene come comportarci per gestire in modo adeguato e produttivo questa emozione.

Non sempre il senso di colpa, come d’altra parte tutte le emozioni, è negativo. Spesso ci fa riflettere sui nostri comportamenti, sui risultati degli stessi nella riuscita delle nostre relazioni, e ci fa, quindi, come suol dirsi: “aggiustare il tiro”, permettendoci di riparare alle nostre mancanze. In questo caso sarebbe meglio, però, parlare di “senso di responsabilità” piuttosto che di “senso di colpa”. La parola “responsabilità” (che, poi, vuol dire abilità nella risposta), più che la parola “colpa”, ci restituisce la capacità e quindi la dignità di esseri senzienti, “responsabili” appunto, adulti e maturi, capaci di riparare ai nostri errori ed assumercene la paternità. Invece la parola “colpa” è deprivante, limitante, ci riduce allo stato di esseri che, confrontandosi con altri, si vivono come inferiori. L’attenzione alle parole che vengono usate è molto importante. La parola è un dono straordinario che è stato fatto all’essere umano, e porta con sé, come suono e come segno, delle vibrazioni, delle energie che possono potenziarci, limitarci e, a volte, persino distruggerci moralmente.

Il senso di colpa nei confronti dei figli è sempre in agguato, poiché il “mestiere” di genitori è uno dei più difficili, se non il più difficile in assoluto, soprattutto in questo momento di grandi cambiamenti. Inoltre, considerato che ogni situazione, ogni essere umano, ogni relazione sono unici e irripetibili, non esiste un manuale, un codice di condotta adatto a tutti. Così succede che spesso ci si confronti con altri genitori, con i quali, a volte, si crea un rapporto di competizione più che di collaborazione e aiuto reciproco. Questo confronto ci può portare o a sentirci migliori di altri genitori o, al contrario, inadeguati per tempo trascorso, per comportamenti, ecc. Si tratta, comunque, di sentimenti errati, sia in un caso che nell’altro. Naturalmente, non è importante tanto la quantità del tempo trascorso insieme, quanto la sua qualità.

A volte ci sentiamo in colpa per qualcosa su cui non abbiamo alcun controllo. Per esempio, può accadere di avere un senso di colpa perché non abbiamo i mezzi economici per accontentare i nostri ragazzi riguardo ai loro desideri. Spiegare con calma i motivi del nostro comportamento, cercando di far comprendere il momento difficile che la famiglia vive, vuol dire rendere partecipi, e quindi far crescere in consapevolezza i nostri figli. Sarebbe invece un errore sentirsi in colpa oppure indebitarsi pur di accontentarli. Abituarli a qualche “no” significa renderli più forti e resilienti di fronte alle avversità della vita.

Può essere utile un esempio riguardante la vita di Abramo Lincoln fatto da Sathya Sai:

“Lincoln aveva otto anni ed un giorno tornò a casa molto triste, andò a rifugiarsi tra le braccia della madre e pianse: -Mamma, con questi abiti non mi è possibile stare con quei bambini. Voglio un vestito buono. - La madre, tenendolo vicino a sé, gli disse: -Figlio mio, devi renderti conto della nostra situazione. Tuo padre lavora duro giorno e notte, ed anch’io non ho mai tregua, non faccio che cucire e ricucire abiti vecchi per racimolare qualche spicciolo. Noi non abbiamo delle proprietà, perciò non essere caparbio, non fare capricci, non chiedere nulla. Ho solo una cosa da insegnarti, ma ricordala per tutta la vita. Figliolo, la fiducia in te stesso sarà tutta la tua ricchezza. Abbi fiducia in te e studia. Non confrontarti mai con gli altri. La fiducia in se stessi è la cosa più importante.” 2

Altre volte ci si può sentire colpevoli per essere stati troppo severi, o, al contrario, troppo permissivi. Non c’è un metro per calcolare il grado della nostra severità nell’educare i figli. L’osservazione e il dialogo con i nostri ragazzi sono il miglior mezzo per comprendere se stiamo agendo male e cosa possiamo correggere. Se li abituiamo a confidarsi con noi attraverso un dialogo quotidiano, pacato e amorevole, e un’attenzione costante nei loro riguardi, soprattutto nel periodo dell’adolescenza, riusciremo ad essere efficaci e positivi.

Certamente possiamo sbagliare e, in questo caso, si può sempre chiedere scusa, spiegando e facendo loro comprendere da cosa sia nato quell’atto o quella parola sbagliata. Esprimere chiaramente le proprie emozioni, senza vergognarsi e nascondere ciò che si prova, aiuta anche i figli ad essere più consapevoli e competenti nel riconoscere e gestire le loro.

Nell’educare i nostri figli impariamo a migliorare, ad essere più consapevoli dei nostri pensieri, parole e azioni. Si tratta di una grande sfida insita nella vita stessa e che ci chiama ad essere più responsabili e maturi.

Cominciamo, perciò, ad indagare sulle nostre emozioni, su ciò che avvertiamo quando ci relazioniamo con i nostri ragazzi, accogliamo queste emozioni, sia che le riteniamo positive che negative, lavoriamo su di esse per rimanerne staccati e non farcene travolgere, impariamo a manifestarle, a condividerle con loro, invitandoli ad esprimere le loro. E, soprattutto, perdoniamo i nostri errori che altro non sono che cartelli di avvertimento sul cammino della consapevolezza.

Quindi queste saranno le nostre parole chiave:

  • Indagine e autoanalisi;
  • Accettazione;
  • Manifestazione;
  • Condivisione;
  • Perdono.

Nella seconda parte analizzeremo i sensi di colpa dei nostri ragazzi e di come comportarci al riguardo.

Bruna Caroli
Professoressa in Economia, Psicologa, Mediatrice e Armonizzatrice familiare, Educatrice ai Valori Umani

note:

1 Dal WEB:  Dr.ssa Anna Innocenzi “Sensi di colpa verso i figli: sintomi, cause e come stare meglio” 23 gennaio 2023

2 Sathya Sai, Educare Valori Umani, Mother Sai Publications, 2009, pgg. 167-168

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