Verso il ritorno alla normalità

Come affrontare difficoltà e disagi dei figli in questo momento particolarmente critico

Stiamo gradualmente uscendo da una situazione mai affrontata dai singoli e dalle famiglie, nuova sotto tutti gli aspetti.

Ci lasciamo alle spalle un lungo periodo di isolamento e di incertezza che ha profondamente cambiato le nostre abitudini, la nostra routine quotidiana, i nostri schemi mentali.

Ciò che prima era dato per scontato: salute, possibilità di gestire le proprie relazioni, momenti di svago, uscite, viaggi, vacanze, le modalità di studio dei nostri figli, ci è stato improvvisamente negato.

La paura diffusa, a volte in modo inappropriato, dai mass media, ha rivoluzionato le nostre vite, e ci ha fatto rivedere le nostre priorità.

Noi adulti, avendo, normalmente, maggiore esperienza e capacità di gestire le nostre emozioni, abbiamo fatto “di necessità virtù”, adeguandoci, sia pure con qualche difficoltà, alla nuova situazione. La sofferenza psichica che ne è derivata può aver determinato un peggioramento di problematiche latenti (si è infatti riscontrato un aumento significativo di depressioni e stati d’ansia). A questo vi sono da aggiungere le difficoltà economiche sopravvenute in tante famiglie per la perdita del posto di lavoro, e i lutti improvvisi e inattesi per la perdita di persone care.

C’è da chiedersi come i nostri figli abbiano affrontato e continuino ad affrontare tutto questo. È un esame fatto da pochi e sottovalutato dai più. Eppure, i giovani, soprattutto nella fase adolescenziale, hanno dovuto fare i conti con maggiori problematiche rispetto a quelli delle altre generazioni, e lo stesso accade per i bambini. Spesso i genitori, presi dai propri problemi, non si sono soffermati a considerare il profondo disagio dei figli.

La relazione con i pari, importante momento di crescita e formazione, è venuta a mancare in un momento cruciale della vita dei nostri figli. E’ vero che è stata sostituita da una comunicazione virtuale attraverso smartphone, tablet e PC, ma il rapporto “vis a vis” è venuto a mancare, e questo ci dice che tutte quelle competenze comunicative riguardo ai messaggi non verbali (il linguaggio del corpo, il cambiamento del colore della pelle come l’arrossire o l’impallidire, la prossemica relativa all’avvicinamento o all’allontanamento del corpo dall’altro, lo sguardo, i gesti, ecc.) non si sono sperimentate e fatte proprie perché non vissute per più di un anno. Chi restituirà ai nostri ragazzi il tempo perduto? Certo, hanno acquisito altre competenze, quelle relative alla tecnologia, ma la vita vissuta, quella, è stata loro sottratta.

Questo vuol dire che, da genitori, dobbiamo prestare particolare attenzione a questo momento così delicato. Senza entrare in ansia, sarà importante cercare dei momenti di dialogo con i nostri ragazzi, ancora più di prima. Oramai si è ampiamente diffusa tra di loro la tecnologia (e in questo essi sono molto più esperti di noi). Ma attenzione! Non possiamo lasciarli per ore davanti al PC o allo smartphone dopo che li hanno “frequentati” abbondantemente a causa della DAD: può essere dannoso sia psicologicamente che fisicamente.

I nostri adolescenti, come anche i bambini, hanno bisogno di incontrare gli amici, di comprendere come sono regolate le relazioni con i pari, per essere accettati a farne parte. L’essere accolti nel gruppo è un’esigenza fondamentale nella fase della crescita. Incide sullo sviluppo neuronale del cervello, oltre che sulla competenza di gestire in modo sano ed equilibrato le proprie relazioni. Inoltre, tutto questo è fondamentale per un sano sviluppo dell’autostima.

Lo stesso si può dire del rapporto diretto con gli insegnanti. Le relazioni sociali si costruiscono a scuola. A scuola si comprendono e apprendono i “modelli di comportamento” della società in cui si vive, attraverso il rispetto dei ruoli, della disciplina, delle relazioni tra i pari e con gli adulti (insegnanti, personale e dirigenti scolastici). Tutto questo non può essere sostituito da un monitor. Si è potuto constatare che, mentre gli orari, le verifiche a scadenza, le regole che nella scuola costituiscono la routine aiutano gli scolari e studenti ad “autodisciplinarsi”, a casa tutto questo è mancato, portando in alcuni casi all’anarchia. La vita scolastica aiuta i ragazzi a crescere, sentirsi autonomi e consapevoli soprattutto insegnando loro la disciplina.

“Disciplina significa osservanza di alcune regole ben definite. Senza questa regolamentazione non è possibile mantenere l’umanità.” 1

Fondamentale sarà l’attività fisica. Praticare regolarmente uno sport, o anche andare a correre o fare una passeggiata, sia pure per pochi minuti al giorno, è una valvola di scarico importantissima per tutte le emozioni che si sono accumulate. È comprovato dalle ricerche neurologiche, che una quotidiana attività fisica favorisce la produzione da parte del cervello di endorfine (ormoni del benessere) come la dopamina e la serotonina, che riducono lo stress e favoriscono un sonno sano.

In Italia gli studenti interessati dalla situazione anomala della pandemia sono stati 8 milioni.

“Secondo un’inchiesta promossa da Save the Children e realizzata da Ipsos i ragazzi dicono che nel 28% dei casi un loro compagno di classe ha abbandonato gli studi. E aggiunge: «Quasi quattro studenti su dieci dichiarano di avere avuto ripercussioni negative sulla capacità di studiare (37%). Stanchezza (31%), incertezza (17%) e preoccupazione (17%) sono i principali stati d’animo che hanno dichiarato di vivere gli adolescenti in questo periodo, ma anche disorientamento, apatia, tristezza e solitudine".2

Per quanto riguarda i bambini fino a 6 – 7 anni, è necessario riflettere su un fatto importante. Spesso i genitori hanno evitato di coinvolgere i più piccoli nelle loro preoccupazioni, con le migliori intenzioni, naturalmente, non parlando con loro di ciò che stava accadendo. Spesso i bimbi non sono stati più affidati ai nonni che se ne occupavano, senza spiegare loro perché. È necessario comprendere che i bambini hanno un forte coinvolgimento emotivo con i genitori, e che tacere o mentire loro crea una situazione di disagio che può sfociare in perdita di sonno e stati d’ansia. In più nei bambini di quell’età è molto presente la tendenza a sentirsi responsabili di ciò che accade, e quindi avvertire ogni cambiamento come una “punizione” per qualche loro azione sbagliata. Quali possono essere i campanelli di allarme? Aumento dell’aggressività, tristezza, tendenza al pianto e all’isolamento. E, purtroppo, tutto questo si è manifestato.

È necessario, perciò, creare momenti di dialogo con loro. Senza scendere troppo nei particolari, è bene spiegare in modo semplice e senza drammatizzare, cosa sta succedendo, senza mentire, e manifestando anche le proprie emozioni, in modo da abituarli ad avere una buona “familiarità” con le stesse, senza condannarle e reprimerle. La nostra autenticità aiuterà il bambino ad essere anche lui sincero con noi. Non ci nasconderà le sue emozioni perché vedrà che noi non le stiamo nascondendo a lui. Naturalmente questo non vuol dire che possiamo investire i nostri figli con le nostre paure. Soprattutto dovremmo essere attenti alla comunicazione con loro. Considerato che l’ascolto è fondamentale,

“Quando ascoltiamo (i nostri figli) dobbiamo interrompere ciò che stiamo facendo, guardare l’altra persona negli occhi e concentrarci sull’ascolto ”.

Se non lo facciamo, non stiamo dando loro la giusta attenzione per due ragioni:

  1. “La persona che parla non ha la nostra piena attenzione e lo sa.
  2. Possiamo facilmente fraintendere ciò che è stato comunicato.
    Molti adolescenti si lamentano perché i loro genitori non li ascoltano. Forse “come essi li ascoltano” contribuisce a creare questa impressione”.3

Si comprende bene quanto tutto ciò che viene consigliato non sia facile da mettere in pratica, soprattutto perché ci troviamo di fronte a problemi mai affrontati prima. È bene però ricordare che quando abbiamo deciso di metter su famiglia ci siamo assunti una grande responsabilità: quella di curare, nutrire, anche affettivamente, educare e sostenere il frutto della nostra unione. I nostri figli, attraverso questo impegno responsabile, ci insegneranno a vivere in modo migliore e più consapevole.


Bruna Caroli
Professoressa in Economia, Psicologa, Mediatrice e Armonizzatrice familiare, Educatrice ai Valori Umani

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1 Citato da Rita Bruce “Sathya Sai e l’Educazione dei figli”, Mother Sai Publications, 2004, pag. 81
2 Dal “Corriere della Sera” del 7 gennaio 2021
3 Rita Bruce, “Sathya Sai e l’Educazione dei figli”, Mother Sai Publications, 2004, pagg. 207/208

Redazione

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