Alberi Sacri - Parte 5 - Pino

GRECIA CLASSICA E L’ANIMA DEGLI ALBERI

Anche nella Grecia arcaica le querce, che abbiamo visto nel capitolo dedicato all’antica Roma, erano considerate sacre, e si attribuiva loro l’origine dell’uomo. Il clima nell’antica Grecia era molto più umido rispetto ai tempi attuali, l’intera regione era ricoperta di foreste, devastate in seguito dalla pratica intensiva della pastorizia.

Nella Creta minoica, il cui territorio era ricoperto da foreste di querce, cipressi, ginepri, carrubi, palme, il culto degli alberi è attestato da dipinti ritrovati nelle rovine di Cnosso e dalla forma stessa delle colonne dei palazzi, che richiamano la forma degli alberi. Nell’isola di Creta erano assai diffuse le piante da frutto: l’olivo, il pero, il melograno, il mandorlo, il nespolo, il noce, il cotogno, il giuggiolo, il sorbo, il pino marittimo, di cui si mangiavano i pinoli.

Come nel mondo romano, a Zeus (Giove) era consacrata la quercia: infatti il più antico oracolo greco è la quercia sacra di Zeus, che si trovava a Dodona, nell’Epiro. Le piante nell’antichità non avevano una classificazione, come nei secoli successivi, gli attributi di varie specie venivano associati a quelle di varie divinità, ad esempio l’edera e la vite erano associate a Dioniso, figlio di Zeus e di Persefone, il cui culto era diffuso in Grecia, a Creta, e in tutto il mondo ellenico. Dioniso era venerato come “dendrites”, il dio della linfa, colui che vive ed opera negli alberi. Il suo simbolo classico era un palo eretto (un lingam! - perciò, anche per le forme particolari di culto a lui dedicate, Dioniso viene identificato con Shiva 1-). Questo palo era avvolto di tralci di edera e/o di vite, che rappresentano la forza vitale, e incoronato da una pigna.

La mitologia greca attribuisce ad ogni pianta la presenza di uno spirito, chiamato Amadriade, oppure Driade.

Si diceva che le Amadriadi vivessero all'interno degli alberi, facevano corpo e morivano con essi. Le Driadi erano ninfe che vivevano nei boschi, e ne incarnavano la forza e il rigoglio vegetativo. A differenza delle Amadriadi, potevano muoversi liberamente, danzare e unirsi anche a semplici mortali. Venivano raffigurate come belle e giovani donne, con la parte inferiore della persona che imitava un tronco d'albero, cioè erano piante, ma solo in parte.

Nell’antica Grecia i principali filosofi studiarono il mondo vegetale e le sue caratteristiche. Platone suddivideva l'anima umana in parti tra loro distinte, ciò consentiva di attribuire caratteristiche psichiche anche ad esseri di livelli inferiori, e perciò anche alle piante, che apparivano così dotate di funzioni proprie, ma escludeva che esse fossero dotate di una qualche forma di sensibilità.

Aristotele fu il primo ad attribuire un'anima alle piante, che classificava tra gli organismi viventi, dotati di movimento, in quanto sono in grado di crescere e riprodursi da sé, e in possesso di quella funzione psichica che presiede alla crescita e alla riproduzione anche negli animali e negli uomini.

Aristotele costruì una linea di continuità tra i vari aspetti del vivente, ipotizzando una transizione dalle piante agli animali e agli uomini, dove trovano posto comparazioni e analogie. Tuttavia Aristotele pur annoverandoli tra gli “esseri animati”, considerava i vegetali, dal momento che sono privi della funzione locomotoria, incapaci di sentire o provare piacere, dolore o desideri, come gli animali, e ovviamente mancanti dell’intelligenza, che è prerogativa dei soli uomini.

In Aristotele compare anche la metafora della pianta come uomo a testa in giù, nata dall'analogia delle funzioni degli organi nutritivi propri di uomo e piante: nell'uomo l'alimento passa attraverso la bocca che è parte della testa, nella pianta attraverso le radici vengono assimilati i minerali e l’acqua.


Scheda

UN ALBERO AL GIORNO

PINO – “Pinus” è il nome comune di un genere di alberi e arbusti, appartenente alla famiglia Pinaceae, che sono conifere sempreverdi.

A questo genere appartengono circa 120 specie.

In Italia troviamo soprattutto (ma non solo):

Nelle zone alpine:

Pino silvestre (o Pino di Scozia)

Pino cembro (Cirmolo)

Pino mugo (Mugo)

Nelle zone appenniniche:

Pino nero (Pinus nigra)

Pino loricato (è presente in Italia solo nel Pollino, nel Sud Est europeo è molto comune)

Nella zona marittima (e in tutto il Mediterraneo):

Pino marittimo (Pinus pinaster)

Pino domestico (Pinus pinea, il pino da pinoli)

Pino d'Aleppo (Pinus alepensis)

 


Tra le conifere, i Pini presentano caratteristiche che permettono un agevole riconoscimento, soprattutto per la forma e la disposizione degli aghi.

Gli aghi dei Pini infatti, a differenza di quelli di altre conifere (Abeti, Larici, Tassi, ecc.,) che si presentano “a pettine” lungo i rametti, sono disposti a mazzetti di 2-3-5 aghi, e, nelle specie europee, sono lunghi da 3 a 15 cm. Dal numero degli aghi nel mazzetto e dalla loro lunghezza si determina la specie di appartenenza dei pini con una certa facilità. Un altro fattore che aiuta il riconoscimento è la forma della pigna (strobilio), in genere abbastanza tondeggiante e con le squame piuttosto legnose e sagomate.

Il portamento dei Pini è quanto mai vario, spesso contorto: si va da meno di un metro per i pini mughi, che vivono a forma cespugliosa e prostrata quasi fin sulle vette alpine, fino ai 30 metri di altezza per i possenti pini marittimi che costituiscono le pinete storiche dei litorali italiani (Ravenna, Viareggio, S. Rossore, Arborea). Grazie alla sua grande adattabilità, il Pino può crescere in ogni tipo di terreno e condizione climatica. Su terreni poveri si comporta da pianta pioniera, come i Salici e le Betulle, colonizzando aree che altrimenti resterebbero prive di copertura arborea. Ama i terreni soleggiati e il suo apparto radicale è piuttosto superficiale. Può vivere fino a 300 anni.

Il pino comune (silvestre o marittimo) si riconosce dalla corteccia rossastra e squamata, che nel marittimo adulto si presenta a larghe placche rosate. Dal momento che i Pini in genere crescono velocemente, il loro legno è abbastanza elastico e poroso ed è utilizzato per mobili, legname per barche, paleria, casse, carta.

Dalla resina si ricavano solventi ed essenze (pece, catrame, trementina).

I semi (pinoli) sono commestibili e largamente usati in cucina.

Proprietà terapeutiche

La resina, le gemme, i germogli e gli aghi di pino posseggono proprietà balsamiche assai conosciute per la cura di raffreddori, tossi, malattie bronchiali. Lo sciroppo ricavato dalle gemme lenisce la tosse fluidificando il muco, i vapori della resina stimolano migliorano la circolazione, sono disinfettanti e rilassanti. La resina può essere utilizzata sotto forma di unguenti. Si sa che Ippocrate usava l’incenso di pino per scopi terapeutici

Come rimedio floreale, il pino (Pine) è indicato per i sensi di colpa e l’auto-biasimo, che trasforma in perdono, accettazione di sé e forza.

Tradizione e simbologia

Nela mitologia greca e romana il pino era sacro alla dea madre Cibele, che salvò il suo amato Attis trasformandolo in pino. Era sacro a Zeus e a Pan, il dio della vegetazione.

La pigna è, simbolo di fertilità e di forza rigeneratrice, per i semi che contiene, di prosperità e abbondanza. Fu presa, infine, ad emblema del più alto grado di illuminazione possibile in varie culture dell’Oriente (Angkor Wat), in Egitto, Babilonia, in Grecia e a Roma. Appare anche nell’iconografia massonica, gnostica, teosofica, quale rappresentazione della ghiandola pineale 2o “terzo occhio”. In vari siti del Mediterraneo, la pigna appare sui pilastri dei cancelli d'ingresso, o come soprammobile di ogni misura e materiale, o ancora, quale elemento ornamentale da collocare ai quattro spigoli dei letti in ferro.

Ispirazioni

Dal momento che è sempreverde, impregnato dello spirito di tutto l’anno, è simbolo della forza perenne della vita. Si adatta ad ogni ambiente, va dove e gli altri alberi non possono vivere, prepara il terreno, e offre rifugio agli animali, dispensando i suoi frutti con generosità.

Il Pino è il vero simbolo del Servizio alla vita stessa.


Odissea, Libro V, 234-240

“Per Odisseo magnanimo, poi, preparò la partenza. Gli diede una gran scure, ben maneggevole, di bronzo, a due tagli: e un manico c’era molto bello, d’ulivo, solidamente incastrato. Gli diede anche un’ascia lucida e gli insegnava la via verso l’estremo dell’isola, dov’erano gli alberi alti, ontano e pioppo e pino, che al cielo si leva, secchi da tempo, ben stagionati, da galleggiare benissimo.”


Olimpia Giovine
Agronomo e Formatrice

1 Cfr. DANIELOU “Siva e Dioniso”, Ubaldini Editore
2 Galeno spiega che questa ghiandola deve il suo nome alla sua somiglianza, per forma e dimensioni, a un pinolo. Le sue dimensioni sono di circa un centimetro di lunghezza per mezzo di larghezza, e il suo peso si aggira intorno al mezzo grammo. La ghiandola pineale è una ghiandola endocrina del cervello, situata ai margini del terzo ventricolo. La G. pineale o Epifisi produce diversi ormoni, ma è fondamentale soprattutto per la produzione di melatonina e di conseguenza per il corretto ritmo sonno - veglia, indispensabile per il nostro benessere.

Redazione

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