La mente specchio del Divino

Che cosa significa l’affermazione che leggiamo nella Chândogya Upanishad e altrove: “Tu sei Brahman (Essere Supremo), Quello tu sei”, affermazione che il Buddista ripete con le parole: “Tu sei Buddha?” Questo non sarà mai un fatto di coscienza per voi, per quanto possiate esserne intellettualmente convinti, fino a quando non abbiate ridotto, con la meditazione, la mente inferiore ad essere lo specchio in cui si possa riflettere quella superiore….” (1)

Con queste parole Annie Besant ci dice che il concetto “Io sono Brahman” non potrà divenire esperienza fino a quando la nostra mente non sia così limpida da riflettere la luce del Sé in modo che, attraverso la visione pura, avvenga la fusione nell’Essere Supremo. In effetti, noi siamo l’Essere Supremo in quanto è e non diviene ma, essendoci identificati con il divenire, abbiamo dimenticato la nostra Natura Divina.

Così l’uomo, sotto l’influenza della mente, non condivide la Consapevolezza Uni­versale Divina, ma partecipa alla separatezza del corpo e crede di essere un'entità disgiunta dagli altri esseri. Con questo atto inizia la sofferenza ed il pellegrinaggio dell'uomo alla ricerca di se stesso. È il senso di incompiutezza che ci spinge a cercare di conoscere ciò che veramente siamo e, per far questo, abbiamo bisogno di uno specchio.

Lo specchio è il simbolo diretto della visione spirituale e in generale della conoscenza, poiché esso permette l’avvicinamento del soggetto e dell’oggetto. 

Nella tradizione occidentale, Platone non usa il simbolo dello specchio, ma quello dell’argilla che può avere più o meno la giusta consistenza, in modo che lo Spirito possa lasciare su di essa la propria impronta. Il primo accenno allo specchio si trova in Paolo di Tarso-Prima lettera ai Corinzi, 13-11.

Adesso vediamo attraverso uno specchio, in maniera oscura, enigmatica, ma poi vedremo faccia a faccia.

La visione è quella del Divino e lo specchio è il riflesso imperfetto, anzi è la metafora di una conoscenza di livello inferiore (in aenigmate, in maniera enigmatica) rispetto a quella diretta (facie ad faciem).

Cosa si intende per specchio?

Lo specchio che riflette la luce del Sé è la mente, nella sua facoltà superiore, la mente sovraindividuale o transpersonale, l'intelletto puro, la facoltà intuitiva e riflessiva che ha la duplice facoltà di riflettere sia l’esterno e, quindi tutto il mondo della manifestazione, sia la Luce del Divino. Essa, come uno specchio, cattura, all’esterno, i riflessi degli organi dei sensi e delle percezioni, dei pensieri e delle cognizioni della mente e, all’interno, la Luce del Sé. Ma poiché la nostra prospettiva è estrovertita, ovvero è rivolta verso il mondo esteriore, abbiamo perso la visione del Sé e la nostra mente superiore perde la sua caratteristica di universalità, diventando uno specchio che riflette differenti immagini della realtà, ma anche del Sé.

La verità era uno specchio che cadendo dal cielo si ruppe…Ciascuno ne prese un pezzo
e vedendo riflessa in esso la propria immagine, credette di possedere l’intera verità… (2)


La polvere sullo specchio

Tutti gli esseri possiedono, all’origine, l’illuminazione spirituale, nello stesso modo in cui è nella natura dello specchio splendere. Se al contrario le passioni velano lo specchio, esso è allora invisibile, come se fosse ricoperto di polvere. Se i pensieri malvagi sono dominati e distrutti secondo le indicazioni del Maestro, essi cesseranno di manifestarsi. Allora lo spirito sarà rischiarato, secondo la sua stessa natura e nulla vi resterà nascosto. È come la politura di uno specchio… (3)

Il nostro intelletto è ricoperto da strati e strati di polvere che si sono accumulati per i nostri desideri, le nostre paure, gli attaccamenti ed anche il cibo non salutare che mangiamo. Solamente quando esso sarà ritornato ad essere un puro specchio, potrà riflettere il Sé nella sua vera essenza.

Come ogni cosa si copre di polvere, i desideri, gli attaccamenti, i legami, le bramosie, impolverano la mente; bisogna spazzarli via perché lo splendore del Sé possa emergere nella Luce del Paramatma. (4)

Come pulire lo specchio

Come il volto è esattamente riflesso in uno specchio terso, così nel vero ricercatore, lo Spirito è riflesso nell’intelletto puro. (5)

Lo scopo del ricercatore spirituale è quello di svuotare la mente da tutti i pensieri, allora essa diventa come un lago calmo, non increspato da alcun vento, né mosso da alcuna corrente. Così come il sole può riflettersi sulle acque quiete del lago, così il Sé può rispecchiarsi nello specchio della mente calma.

E allora l’uomo sa, non più per autorità ma per scienza propria, di essere qualche cosa di più della mente che egli aveva conosciuto come intelletto; sa che la sua coscienza è più grande della coscienza passeggera della mente; allora gli diventa possibile cominciare ad identificare se stesso con la coscienza superiore e ad afferrare, sia pur di sfuggita, un barlume della maestà del Sé. Poiché, ricordate come vi sia sempre insegnato dalle grandi Sacre Scritture che voi siete il superiore e non l’inferiore. (6)

Finché l’intelletto riflette il mondo molteplice, esso è questo mondo, nel modo di questo mondo, ossia con la separazione tra l’oggetto e il soggetto, l’interiore e l’esteriore. Ma nella misura in cui riflette il Sé, immediatamente, in maniera totale, indivisa, è l’Essere Puro.

Poiché la mente è come uno specchio: raccoglie polvere mentre riflette, sono necessarie le dolci brezze della Sapienza dello Spirito per levare la polvere delle nostre illusioni. Cerca, o Principiante, di fondere la tua mente nel tuo Spirito. (7)

Solamente quando la mente sarà diventata un puro specchio, potrà riflettere il Sé nella sua vera essenza. Allorché tutte le esperienze sono scomparse e lo specchio della consapevolezza è lasciato privo di qualsiasi contenuto, quando è assolutamente vuoto, nessun oggetto da vedere, nulla a cui pensare, niente da sentire, nel momento stesso in cui resta il Puro Testimone... quello è lo stato di illuminazione.

Una storia Zen

Hui-neng, sesto patriarca Zen, da ragazzo andò come discepolo dal maestro Hung-Jen che gli chiese: "Vuoi conoscere il vero o vuoi diventare vero?" Hui-neng rispose senza indugi: "Essere vero!" e il maestro, felice, invece di iniziarlo, lo mandò per anni a pulire il riso nelle cucine del monastero. Anni dopo, quando il vecchio maestro sentiva di essere vicino alla morte, annunciò che voleva scegliere un successore e invitò, chi fra i monaci lo desiderasse, a mandargli dei brevi versi, dai quali avrebbe compreso il livello di evoluzione di ognuno. Il giorno seguente Shen-hsui, il più erudito dei cinquecento discepoli del monastero, scrisse:

Questo corpo è l'albero dell'Illuminazione.
La mente come uno specchio lucido,
tenuto pulito ad ogni istante
senza che alcuna polvere si accumuli.

Tutti ammirarono la poesia di Shen-hsui tranne il quasi sconosciuto pulitore di riso, che, dalle cucine disse, che era solo spazzatura. I monaci lo invitarono a scrivere dei versi migliori e Hui-neng scrisse:

Il corpo non è un albero,
Lo specchio lucido non brilla più
Nulla è rimasto.
Dove può quindi depositarsi la polvere?

Il patriarca lesse e non disse nulla. Chiamò Hui-neng nella sua stanza. I suoi versi mostravano che la sua mente, pulendo il riso per anni, era diventata vuota, era scomparsa; così gli diede la veste di maestro.

Annie Besant- Il sentiero del discepolo
Jialal al-Din Rumi
Tsung-mt
Sathya Sai - Jnana Vahini
Atmapurana
Annie Besant- Il sentiero del discepolo
Il libro dei precetti d’oro, frammento 11 - I due sentieri

 

Carla Gabbani
Insegnante di Yoga e Formatrice

Carla Gabbani

Educatrice

Sito web: www.saivivere.it